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Quale pianoforte scegliere per iniziare lo studio della musica?

Ciao, in questa prima lezione del corso ti darò dei consigli sulla scelta strumento ideale per iniziare lo studio del pianoforte.

E’ una domanda che ho ricevuto tantissime volte, quindi ho deciso di creare questo video per rispondere in maniera chiara e concisa a questa domanda.

Allora, innanzitutto ora ci sono degli ottimi pianoforti digitali che riproducono con assoluta fedeltà il tocco su un pianoforte vero. Mentre anni fa, quando ho iniziato io a studiare, era necessario acquistare un pianoforte vero spendendo migliaia di euro, come hanno fatto i miei genitori, ma ora con poche centinaia di euro potete portarvi a casa uno strumento praticamente definitivo.

Certo che se poi avete ambizioni professionistiche o volete laurearvi al conservatorio, allora il passaggio ad uno strumento vero è necessario.

Per iniziare lo studio del pianoforte, e quindi anche per iniziare i miei corsi gratuiti che ho pubblicato qui su Youtube, va bene qualsiasi modello e marca, purché abbia tre caratteristiche fondamentali:

  1. La tastiera deve essere di 88 tasti, quindi come quella di un pianoforte vero: deve partire da un La bassissimo e terminare con un Do altissimo.
  2. I tasti devono essere completamente pesati, e non semi-pesati, dinamici o sensibili al tocco. Se acquistate un pianoforte online, osservate chiaramente che nelle caratteristiche sia riportato il tasto pesato e non dinamico o semi-pesato. Inoltre, un consiglio che ti posso dare, per l’acquisto del pianoforte, come per una macchina o un oggetto che userai molto, ti consiglio di provarlo prima, rivolgendoti a qualche negozio fisico di strumenti musicali.
  3. Deve avere il pedale di risonanza, per poter suonare agevolmente i pezzi che lo prevedono (moltissimi) e tutti i pezzi che hanno gli accordi arpeggiati con la mano sinistra.

Poi, per iniziare, sinceramente un modello vale l’altro. Certo, alcuni modelli suonano in un modo, altri diversamente, devi trovare un giusto compromesso tra un pianoforte che ti piaccia a livello di suono, di tocco e il relativo prezzo. Comunque, al giorno d’oggi, con poco più di 400 euro ti porti a casa un’ottimo strumento!

Se comunque parti da zero, tutti i modelli che rispondono alle suddette tre caratteristiche possono andare bene! Diventa poi solo più una questione di preferenze e possibilità personali!

Infine, se prevedi di portare in giro il pianoforte, magari per portartelo in vacanza oppure in futuro per fare esibizioni in giro, prendilo portatile!

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I tre pilastri della tecnica pianistica

In questo articolo ti mostrerò i 3 pilastri della tecnica pianistica.

Sono informazioni che hai già trovato un po’ sparse nel mio corso base di pianoforte, ma voglio riassumertele qui in un unico video affinché tu possa ripassarle e interiorizzarle bene.

Il primo pilastro è la posizione corretta della mano sulla tastiera. La mano va messa in questo modo con le dita allineate ai tasti. Avere le dita allineate significa che ad ogni dito corrisponde un tasto bianco vicino, senza saltarne qualcuno. L’asse delle dita deve essere in linea con l’asse del tasto. In particolare la prima falange del pollice deve essere un po’ piegata per allinearsi al tasto, e lo stesso anche per il mignolo. 

Le dita rimangono leggermente ricurve sui tasti. 

Il polso rimane posizionato in altezza, all’incirca al livello della tastiera. 

Quando suoni a mani unite, le mani devono essere speculari ovvero devono avere la stessa abilità e tecnica corretta. Controlla sempre questo aspetto.

Il secondo pilastro è l’indipendenza delle dita, ovvero quando azioni un dito devi sempre usare il cosiddetto “principio della minima energia” ovvero azioni solamente la muscolatura del dito che ti serve tenendo rilassate tutte le altre dita. Suoni con il pollice, le altre dita devono rimanere morbide, e la stessa cosa vale anche per le altre dita. Per questo scopo ho sviluppato proprio il cosiddetto “esercizio dei ribattuti” che trovi nella lezione 10 del mio corso base di pianoforte. In realtà questo esercizio contempla tutti gli aspetti della tecnica di base, ma è proprio stato pensato per farti prendere confidenza sul fatto di azionare un dito e tenere rilassati tutti gli altri.

L’ultimo pilastro è il tuo rilassamento generale, quindi polso morbido, spalle rilassate, postura corretta. Sempre e comunque. Sciogli le tensioni del polso, poi delle braccia, del collo e per finire delle gambe. Suonare deve essere rilassante, divertente e piacevole e fisicamente ti deve stancare poco.

La tecnica pianistica poi si sviluppa attraverso numerose particolarità, ad esempio ci sono tecniche dedicate per gli staccati, per i legati, per i salti, per le ottave, per le doppie terze. Vedremo questi aspetti in altri video dedicati.

Qui ho voluto solamente fare un piccolo ripasso delle basi, utili per:

– produrre una sonorità cristallina con la mano destra in tutti quei pezzi che hanno una melodia cantabile

– produrre un suono pieno, potente ed espressivo a livello generale

– calibrare le dinamiche in modo corretto senza sbalzi improvvisi di sonorità, colpi o accenti strani dovuti a tensioni accumulate nelle dita

– suonare senza incorrere ad infortuni o fastidiose tendiniti che se non curate hanno la tendenza a cronicizzarsi

– suonare senza stancarsi, e quindi suonare per ore e ore piacevolmente

– suonare per sempre, senza limiti di età

Quindi tutte le volte che fai un esercizio o che suoni un pezzo, sia esso uno dei miei tutorial o un altro brano, dovrai sempre fare attenzione a questi aspetti della tecnica pianistica:

– mani posizionate correttamente sulla tastiera ovvero polso all’altezza delle note, simmetria delle mani e dita allineate ai tasti.

– indipendenza delle dita, ovvero le dita inutilizzate devono sempre rimanere morbide, la relativa muscolatura deve essere rilassata

– il rilassamento generale, in particolare a livello del polso e delle spalle, e a seguire, su tutto il corpo.

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Gli intervalli musicali (lezione completa) spiegati in modo semplice

In questo articolo riprenderò il concetto di intervallo musicale e lo approfondiremo, imparando a dare un nume univoco ad ogni intervallo musicale.

Come abbiamo già visto nella lezione 5 del mio corso base di pianoforte, un intervallo rappresenta la distanza tra due note, in altre parole è la loro differenza in altezza. L’altezza, come studiato nella lezione 4 relativa alle qualità dei suoni del mio corso base di pianoforte, è quella caratteristica della musica che distingue un suono grave da uno acuto.

Un intervallo, ovvero la differenza in altezza tra due note, si determina contando quante note ci sono tra la prima e la seconda nota, tenendo conto anche della prima.

Tra il Do e il Mi c’è un intervallo di terza perché si deve contare anche il Do (Do-Re-Mi, terza).

Tra il Do e il Si c’è un intervallo di settima perché si deve contare anche il Do (Do-Re-Mi-Fa-Sol-La-Si, settima).

Intervalli ascendenti e discendenti

Un intervallo può essere ascendente se il conteggio avviene verso note a maggior altezza, oppure discendente se avviene verso note a minor altezza.

Un intervallo Mi-Do ascendente è un intervallo di sesta (Mi-Fa-Sol-La-Si-Do, tutte note che salgono)

Un intervallo Mi-Do discendente è un intervallo di terza (Mi-Re-Do, tutte note che scendono, si conta al contrario)

Se non viene specificato se un intervallo è ascendente o discendente, l’intervallo solitamente viene supposto ascendente.

Un intervallo di Re-Fa ad esempio viene associato ad un intervallo di terza (Re-Mi-Fa) se non specificato ascendente o discendente.

Intervalli maggiori, minori, giusti, eccedenti e diminuiti

Se ti dico che intervallo è Do-Mi? Mi dirai che è una terza. Corretto. Se ora ti chiedo che intervallo è Do-Mib cosa mi dirai? Che è sempre un intervallo di terza, corretto, ma nella realtà la distanza che c’è tra Do e Mi non è la stessa che c’è tra Do e Mib.

Occorre quindi dare un attributo aggiuntivo ad ogni intervallo. Sono entrambi intervalli di terza, ma di differente tipologia

Qui ti darò un metodo pratico per determinare questo attributo. In rete ci sono le tavole degli intervalli con le varie tipologie, ma prima di fartele vedere preferirei trasmetterti il concetto che sta alla base della loro costruzione.

Nel mio corso base di armonia e accompagnamento al pianoforte hai imparato la scala maggiore.

Hai imparato anche a suonare tutte le scale, e dopo parecchi esercizi probabilmente le saprai fare a memoria. Quindi ora conosci le note che formano ogni scala maggiore. Se non te le ricordi, prendi il mio libro degli esercizi in PDF che trovi sul mio sito web, stampati l’esercizio 34 dove trovi tutte le scale scritte, e userai quello come riferimento.

Devi avere in mente le note di ogni scala maggiore. Se hai questa padronanza, sarà facilissimo per te definire la tipologia di ciascun intervallo. Se non te le ricordi a memoria, tieni sottomano lo spartito di tutte le scale maggiori.

Gli intervalli possono essere maggiori, minori, diminuiti, più che diminuiti, eccedenti e più che eccedenti. Si usa anche il termine “aumentato” al posto di eccedente.

Prendiamo la scala di do maggiore, le note sono Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si, Do

  • La distanza tra la tonica e il 2° grado darà un intervallo di seconda maggiore
  • La distanza tra la tonica e il 3° grado darà un intervallo di terza maggiore
  • La distanza tra la tonica e il 4° grado darà un intervallo di quarta giusta
  • La distanza tra la tonica e il 5° grado darà un intervallo di quinta giusta
  • La distanza tra la tonica e il 6° grado darà un intervallo di sesta maggiore
  • La distanza tra la tonica e il 7° grado darà un intervallo di settima maggiore
  • La distanza tra la tonica e il 8° grado darà un intervallo di ottava giusta
  • L’intervallo tra la tonica e la sua stessa nota, ovvero di prima chiamato anche unisono, sarà anch’esso un intervallo giusto.

L’intervallo di seconda, terza, sesta e settima sarà maggiore, mentre l’intervallo di prima, quarta, quinta e ottava sarà giusto.

Perché questa distinzione?

Semplicemente perché gli intervalli di ottava, quarta e quinta sono chiamati intervalli perfetti. Devi sapere che Pitagora di Samo (VI-V secolo a.C.) fu il primo studioso, in base alle testimonianze che ci sono giunte, che studiò le proprietà matematiche che intercorrono tra un suono base e la formulazione di altri suoni derivati. Infatti lui prese una corda (inventò uno strumento musicale chiamato monocordo) e scoprì che se tale corda veniva divisa a metà e la si faceva vibrare, si produceva un suono che era lo stesso di prima, ma all’ottava superiore. In fisica questo suono risultante all’ottava superiore ha esattamente il doppio delle vibrazioni di quello base. La stessa cosa la fece con la quinta (facendo vibrare due terzi della corda) e la quarta (tre quarti della corda). Questi intervalli vennero ritenuti gli unici intervalli consonanti in via del loro rapporto matematico, e per questo motivo chiamati perfetti. L’unisono, essendo la stessa nota, è anch’esso un intervallo perfetto.

Se ti dicessi ora, che intervallo è Re-La?

Se conosci la scala di Re maggiore, vedrai che il La è il V grado della scala, quindi tale intervallo è una quinta giusta.

Che intervallo è Mib-Do?

Se conosci la scala di Mib, vedrai che il Do è il VI grado della scala maggiore, quindi tale intervallo è una sesta maggiore.

Ora per terminare il nostro quadro sugli intervalli, devi imparare alcune semplici regole, alcune si applicano agli intervalli maggiori, altre agli intervalli giusti. Dobbiamo vedere cosa succede quando abbassiamo o alziamo i precedenti intervalli formati dalle note della scala maggiore di uno o due semitoni.

Intervallo maggiore

  1. Quando la seconda nota di un intervallo maggiore è abbassata di un semitono, l’intervallo diventa minore.
  2. Quando la seconda nota di un intervallo maggiore viene abbassata di due semitoni, l’intervallo diventa diminuito.
  3. Quando la seconda nota di un intervallo maggiore viene alzata di un semitono, l’intervallo diventa eccedente.
  4. Quando la seconda nota di un intervallo maggiore viene alzata di due semitoni, l’intervallo diventa più che eccedente.

Intervallo giusto

  • Quando la seconda nota di un intervallo giusto viene abbassata di un semitono, l’intervallo diventa diminuito.
  • Quando la seconda nota di un intervallo giusto viene abbassata di due semitoni, l’intervallo diventa più che diminuito.
  • Quando la seconda nota di un intervallo giusto viene alzata di un semitono, l’intervallo diventa eccedente.

Quando la seconda nota di un intervallo giusto viene alzata di due semitoni, l’intervallo diventa più che eccedente.

Ora hai gli strumenti per capire la cosiddetta tavola degli intervalli.

Facciamo alcuni esempi.

  • Lab-Re: è un intervallo di quarta (La-Si-Do-Re). Nella scala di Lab il Re è bemolle, e genererebbe un intervallo di quarta giusta. Nell’intervallo analizzato, il Re è naturale, pertanto rappresenta +1 semitono rispetto all’intervallo di quarta giusta (Lab-Reb). Quindi Lab-Re è un intervallo di quarta eccedente.
  • Sib-Dob: è un intervallo di seconda. Nella scala di Sib il Do è naturale, e genererebbe un intervallo seconda maggiore. Nell’intervallo analizzato, il Do è bemolle, pertanto rappresenta -1 semitono rispetto all’intervallo di seconda maggiore (Sib-Do). Quindi Sib-Dob è un intervallo di seconda minore.
  • Sol-Fab: è un intervallo di settima. Nella scala di Sol il Fa è diesis, e genererebbe un intervallo di settima maggiore. Nell’intervallo analizzato, il Fa è bemolle, pertanto rappresenta -2 semitoni rispetto all’intervallo di settima maggiore (Sol-Fa#). Quindi Sol-Fab è un intervallo di settima diminuita.
  • Do#-Solb: è un intervallo di quinta. Nella scala di Do# il Sol è diesis, e genererebbe un intervallo di quinta giusta. Nell’intervallo analizzato, il Sol è bemolle, pertanto rappresenta -2 semitoni rispetto all’intervallo di quinta giusta (Do#-Sol#). Quindi Do#-Solb è un intervallo di quinta più che diminuita.

Mib-Si#: è un intervallo di quinta. Nella scala di Mib il Si è bemolle, e genererebbe un intervallo di quinta giusta. Nell’intervallo analizzato, il Si è diesis, pertanto rappresenta +2 semitoni rispetto all’intervallo di quinta giusta (Mib-Sib). Quindi Mib-Si# è un intervallo di quinta più che eccedente.

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La tecnica del metronomo progressivo

In questo articolo vedremo una tecnica utilizzata per velocizzare un pezzo o un singolo passaggio difficile, chiamata “tecnica del metronomo progressivo”.

Molti di voi la conoscono sicuramente, alcuni l’hanno sicuramente già utilizzata, in questo video approfondiremo l’uso di questa tecnica e ti darò alcuni importanti consigli per utilizzarla.

Il metronomo è uno strumento per tenere il tempo. Esso esegue dei battiti ad una certa velocità, espressi in BMP (battiti per minuto). Una velocità pari a 60 significa che il metronomo esegue 60 battiti al minuto, ovvero 1 battito al secondo. Il metronomo fa solo questo, esegue dei battiti ad una certa velocità.

Esistono dei metronomi meccanici e digitali che puoi acquistare in un negozio di strumenti musicali, oppure puoi installare direttamente un app sul telefono che faccia questa funzione (ce ne sono tante, basta cercare nell’app store o in Google Play la parola “metronomo”), oppure se hai un pianoforte digitale, quasi sempre troverai questa funzione incorporata.

La tecnica del metronomo progressivo consiste nell’eseguire un pezzo, o più soventemente un passaggio specifico, dapprima lentamente a metronomo, e poco per volta bisogna aumentare gradualmente la velocità, sempre usando il metronomo, fino a raggiungere la velocità definitiva.

Si parte quindi da una velocità dove si riesce ad eseguire il pezzo o il passaggio agevolmente, e poco per volta la si aumenta per raggiungere la velocità desiderata.

Ecco un esempio, applicato all’esercizio 16 del Beyer, che nel mio corso base di pianoforte è trattato nella lezione 24.

Per un utilizzo corretto di questa tecnica ho alcuni importanti consigli da darti:

  • Visto che difficilmente un pezzo verrà eseguito a metronomo ovvero a velocità rigida e costante dall’inizio alla fine, ma in linea generale ci sono degli allargamenti, dei respiri, delle variazioni momentanee della velocità legate all’interpretazione, consiglio di applicare questa tecnica solo ai passaggi che presentano difficoltà tecniche, e non all’intero pezzo. Più il pezzo è lungo, meno viene indicata questa tecnica su tutto il pezzo, questo anche per ottimizzare il tempo di studio. Devi utilizzarla quindi solo sui passaggi più difficili!
  • Quando aumenti la velocità, tieni sempre delle variazioni di tempo che devono essere al massimo di 2-3 battiti al minuto. Non andare più velocemente, anzi, più vai lentamente meglio è, se no rischi di rendere troppo veloce la progressione e non dare il tempo alla tua mano e alla tua mente di abituarsi al cambiamento di velocità. Quindi la progressione deve essere lentissima.
  • La cosa più importante di questa tecnica è che nella progressione a metronomo devi sempre sentirti a tuo agio, senza tensioni o difficoltà nell’esecuzione del passaggio su cui stai applicando questa tecnica. Se ad una certa velocità ti blocchi, ti senti teso, senti delle tensioni strane nella mano, non progredire con il metronomo. Insisti a quella velocità finché sentirai il passaggio comodo, semplice e naturale. Solo a quel punto, potrai avanzare andando avanti nella progressione con il metronomo.
  • Infine, ultimo consiglio, questa tecnica io la utilizzo non per raggiungere proprio la velocità desiderata, ma fino ad un 70/80% della velocità finale, questo perché nella ripetizione dei passaggi a velocità progressive, la tua mente memorizzerà la tecnica corretta, la posizione delle note e della mano e la sequenza delle note, quindi quando toglierai il metronomo ed eseguirai il passaggio, potrai già farlo agevolmente alla velocità finale o quasi. Qualsiasi sia la velocità a cui arriverai, se hai applicato correttamente questa tecnica, avrai fatto sicuramente un grande progresso nel passaggio che presentava dei problemi.

Mi raccomando, nell’applicazione della tecnica del metronomo progressivo, è importantissimo che la tecnica resti sempre impeccabile, quindi lo ripeto ancora una volta, ad ogni avanzamento di velocità con il metronomo, controlla sempre allineamento, rilassamento e indipendenza delle dita.

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Il reset musicale dopo un errore

Oggi affronteremo un argomento, che forse non ne hai mai sentito parlare. Si tratta del cosiddetto reset musicale.

Allora provo a spiegartelo con un esempio. Hai preparato per mesi e mesi un pezzo, ti viene bene.

Ti siedi al pianoforte. Inizi a suonarlo e ad un certo punto sbagli una nota o ti blocchi in un passaggio che ti è sempre venuto bene. Capita, è una cosa normale, però a volte viene naturale innervosirsi.

Se stai studiando da solo puoi fermarti e ripetere il passaggio, oppure il pezzo da capo, ma se fossi ad un concerto? O anche solo davanti al tuo maestro di musica?

Se quella che devi fare è una vera esecuzione del pezzo e non è ammessa la ripetizione, ad esempio ad un concerto, quando sbagli qualcosa o fai qualcosa che non è di tuo gradimento una nota, una dinamica, un accordo, succede che il tuo stato d’animo muti.

Ti viene la rabbia e ti verrebbe voglia di ricominciare da capo. Ma non puoi farlo, il sentimento negativo permane dentro di te e l’esecuzione del pezzo inizia a risentirne, la qualità d’esecuzione cade, inizi a sbagliare altre note, o a suonare male, fino alla fine del pezzo. Nei casi peggiori ti blocchi e non riesci ad andare avanti.

E’ chiaro che qui è la tua mente che agisce, parti con i buoni propositi, fai qualcosa di non gradito quando meno te lo aspetti, e improvvisamente l’esecuzione da quel punto peggiora a cascata.

Per un musicista questo non è accettabile, perché peggiora moltissimo la performance complessiva, si pensi ad un concerto o tutte le volte che suoni in pubblico.

Devi essere in grado di ignorare l’errore e resettare immediatamente le tue emozioni e il tuo stato d’animo, come se l’errore non lo avessi mai fatto.

Ora mi chiederai. Ma come si fa? Capisco che non sia semplice, ma è possibile.

Devi allenare la tua mente ad ignorare l’errore, non innervosirti, non pensare che sbaglierai ancora e concentrarti solo su quello che stai suonando, con tutte le emozioni che può regalarti. Alcune persone riescono a farlo già naturalmente, non dando alcun peso agli errori, altri invece no.

Ecco tre semplici consigli:

  1. Quando fai una prova dell’esecuzione di un pezzo, quando sbagli cerca sempre di andare avanti fino alla fine del pezzo, allenando il tuo cervello a non focalizzarti sull’errore commesso ma focalizzandolo solo su ciò che stai suonando in quel momento e soprattutto distoglilo dall’errore commesso, concentrandoti sul piacere del suonare NEL MOMENTO PRESENTE. Quindi focalizzati su ciò che ti trasmette la tua musica, non su quello che hai sbagliato prima. Una volta che hai finito l’esecuzione potrai isolare il passaggio incriminato e ripeterlo tante volte per vedere se l’errore deriva da un problema tecnico o è del tutto casuale.
  2. Pensa sempre che la percezione dell’errore non è sempre come la senti tu, ma spesso all’esterno viene percepita di meno. A volte capita addirittura che non venga percepita.
  3. Infine, cerca di vivere la tua performance musicale con più rilassatezza, meno pensieri, meno perfezionismo, ma con la gioia di suonare sempre e comunque, e questo vale in tutti gli ambiti della vita. Goditi il momento presente e ciò che la musica ti trasmette, sempre!

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Gli abbellimenti musicali: trillo, mordente, appoggiatura, acciaccatura, gruppetto

Gli abbellimenti, in musica, sono dei gruppi di note che servono per abbellire e rendere particolare una certa composizione musicale. Vengono indicati con dei simboli appositi e la loro esecuzione è spesso lasciata libera alla fantasia e abilità dell’esecutore. Gli abbellimenti vennero usati in particolare nella musica barocca e nel periodo classico e romantico. Nella musica moderna il loro uso è stato un po’ moderato, ma comunque è ancora utilizzato.

Il trillo

Il trillo è la rapida esecuzione della nota reale con la sua ausiliaria inferiore o superiore, per tutta la durata della nota reale. Ci sono diverse interpretazioni dei trilli, di seguito ne fornisco alcune a titolo dimostrativo:

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L’appoggiatura

E’ una piccola nota che viene messa davanti alla nota reale, in genere in un intervallo di seconda superiore od inferiore. La durata dell’appoggiatura viene calcolata sottraendo alla nota reale il valore indicato dell’appoggiatura stessa. Quindi:

Un’appoggiatura da 1/4 su di una nota da 2/4, varrà 1/4.
Un’appoggiatura da 1/4 su di una nota da 3/4 varrà 3/4-1/4 = 2/4
L’appoggiatura può anche essere doppia. In questo senso, la nota reale avrà un valore accorciato del valore delle due appoggiature.

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L’acciaccatura

E’ una notina con il gambo tagliato in modo trasversale che precede la nota reale. Si esegue molto rapidamente e viene eseguita in due modi:

in battere nella musica classica e barocca, togliendo il suo valore alla nota reale,;
in levare nella musica romantica. In questo modo l’acciaccatura non toglie il suo valore alla nota reale, visto che viene eseguita rapidissimamente.

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Il mordente

Il mordente è la rapida esecuzione della nota reale con la sua ausiliaria inferiore o superiore. A differenza del trillo, questa esecuzione non si protrae per tutta la durata della nota reale.

Il mordente può essere superiore o inferiore. Entrambi iniziano e terminano con la nota reale. Si riportano alcune esecuzioni tipiche dei mordenti, e la loro simbologia:

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In epoca moderna o romantica, si può eseguire il mordente come una terzina:

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Il gruppetto

Il gruppetto è un insieme di tre o quattro note che abbelliscono una nota o una successione di note ed è formato dalle note ausiliarie inferiori o superiori. Il gruppetto può essere d’attacco se è indicato sopra una nota, oppure di collegamento se indicato in mezzo a due note.

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Gli arpeggi

Un arpeggio è l’esecuzione di un accordo musicale suonando le note una di seguito all’altra e non simultaneamente. Si indica con una specie di serpentina e viene suonato nel modo seguente.

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Ogni strumento ha una particolare tecnica per eseguire gli arpeggi. Al pianoforte ad esempio vengono spesso suonati alla mano sinistra come accompagnamento di melodie al posto dei comuni accordi, che sono più indicati per l’accompagnamento organistico.

Il punto di valore

l punto di valore è un simbolo posto alla destra di una nota che ne aumenta la durata di metà del suo valore. Il punto può essere anche doppio o triplo: il secondo punto aumenta di metà il valore del primo punto mentre il terzo punto aumenta di metà il valore del secondo.

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Punto di valore e staccati

Attenzione a non confondere il punto di valore con il punto che indica uno staccato. Il punto di valore è sempre posto a destra della nota mentre quello che identifica uno staccato viene posto sopra la nota stessa.

L’accordo maggiore

L’accordo maggiore è formato da tre note della scala maggiore, che sono la tonica (chiamata fondamentale dell’accordo), la terza e la quinta.

In altre parole, quindi, l’accordo maggiore nella sua forma base è composto da tre note:

  • La fondamentale, ovvero la nota base che da il nome all’accordo. L’accordo di do maggiore si costruisce appunto partendo dal do.
  • La terza maggiore, ovvero la nota che sta due toni sopra la tonica. Nell’accordo di do maggiore è il mi naturale.
  • La quinta giusta, ovvero la nota che sta un tono e mezzo sopra la terza maggiore. Nell’accordo di do maggiore è il sol naturale.

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I rivolti dell’accordo maggiore

Le note dell’accordo maggiore però possono assumere differenti altezze: la nota più bassa non necessariamente è la fondamentale dell’accordo, ma può essere indistintamente una delle tre note, dando luogo ai rivolti dell’accordo.

  • Se la nota più grave è la fondamentale, l’accordo si trova nel suo stato fondamentale (DO-MI-SOL).
  • Se la nota più grave è la terza maggiore, allora l’accordo si trova nel suo primo rivolto (MI-SOL-DO).
  • Se la nota più grave è la quinta, siamo nel caso del secondo rivolto (SOL-DO-MI).

Nella musica strumentale e vocale, per rafforzare l’accordo di solito si raddoppia la sua nota fondamentale (la tonica) o in alternativa la quinta. La terza non viene quasi mai raddoppiata. Anche nelle musiche polifoniche a 4 o più voci si dovrà procedere a raddoppiare alcune note dell’accordo, visto che è formato solo da tre note.

I raddoppi delle note dell’accordo maggiore

Il raddoppio delle note dell’accordo maggiore (e allo stesso modo quello minore) segue delle regole ben precise, di seguito riassunte:

  • la fondamentale si può raddoppiare, soprattutto se l’accordo termina un brano musicale.
  • La quinta si può raddoppiare, ma difficilmente nell’accordo che termina un brano musicale. Il raddoppio della quinta al basso viene utilizzato spesso come cadenza conclusiva del pezzo, perché l’accordo maggiore, suonato in questo modo, da un senso di incompiutezza che prepara bene la cadenza dominante-tonica. La figura successiva mostra quanto detto: il primo accordo è quello di do maggiore con il raddoppio della quinta (il sol). Il secondo accordo è l’accordo di sol maggiore con il raddoppio della sua fondamentale (il sol) che infine risolve sull’accordo conclusivo di do maggiore, con il raddoppio della sua fondamentale (il do). Questa cadenza è particolare perché il primo accordo di do maggiore, con il raddoppio della quinta, prepara bene la successiva cadenza dominante-tonica.

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  • La terza è preferibile non raddoppiarla, ma nell’armonizzazione di un pezzo la si può inserire ad esempio al basso quando l’accordo viene suonato nel suo primo rivolto.

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  • In alcuni casi si può omettere la quinta dell’accordo, perché alla fine è la terza che ne determina il suono caratteristico. Ad esempio, suonando i due accordi della figura successiva, si può notare come effettivamente siano molto simili e non si senta più di tanto l’omissione della quinta (ovvero il sol).

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La legatura di valore e di portamento

La legatura, in musica, è un simbolo che serve per unire due o più note. Ci sono due tipi di legature: la legatura di valore e la legatura di portamento (o di frase).

La legatura di valore

La legatura di valore unisce il valore di due note. Ad esempio due semiminime legate sono equivalenti ad una minima. La legatura di valore viene utilizzata soprattutto per legare delle note appartenenti a battute differenti, ma viene anche usata per facilitare la lettura da parte dell’esecutore, se posta in una stessa battuta.

La legatura di portamento o di frase

Questa legatura lega due o più note differenti e ha una valenza espressiva. Indica in particolare che le note sotto la legatura devono venire suonate legate (negli strumenti a tastiera o ad arco) oppure in un unico fiato. Le note sotto legatura devono venire suonate con una particolare dinamica, e seguendo il naturale stile interpretativo del pezzo.

La legatura di portamento è utilizzata come sinonimo di legatura di frase, anche se di solito quella di portamento raggruppa un insieme ristretto di note mentre quella di frase raggruppa molte più note che rappresentano un’intera frase musicale.

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